Burro e Colesterolo
Questo derivato del latte è spesso oggetto di dibattiti in merito al suo contributo calorico e di colesterolo, ma è davvero sconsigliato il suo consumo? Scopri di più...
Per molto tempo il burro è stato considerato come portatore di colesterolo cattivo (lipoproteine dei grassi; calorie in eccesso) venendo additato come possibile causa dell’occlusione delle arterie e di conseguenza come elemento che porta al rischio cardiovascolare.
In realtà non è così, perché se assunto nelle giuste dosi è uno degli alimenti base della dieta mediterranea, molto utile al nostro organismo.
Basti pensare che il burro è esente da idrogenazione, vale a dire che non crea gli acidi grassi dannosi per il nostro corpo, invece presenti nei sostituti vegetali.
Prodotto dalle origini molto antiche, il burro è stato utilizzato per primo dagli Indiani e si è poi diffuso presso le popolazioni occidentali civilizzate dei Greci, dei Romani e degli Egizi. In principio non aveva solo uno scopo culinario, ma anche uno cosmetico e medicinale: veniva infatti usato per acconciare i capelli e per guarire le malattie della pelle e degli occhi.
Al giorno d'oggi questo derivato del latte è spesso oggetto di dibattiti in merito al suo contributo calorico e di colesterolo all'organismo, nonché alle conseguenze sul peso corporeo e sulla salute cardiovascolare di chi lo assume. In realtà, il burro è un buon alimento, se consumato nelle giuste quantità e nel contesto di una dieta equilibrata. La quantità consigliata corrisponde a circa 10-15 grammi al giorno.
Si tratta di un prodotto che non deve essere quindi eliminato dalla dieta, nella misura in cui possiede anche numerose proprietà benefiche. Infatti nonostante contenga almeno l'82% di materia grassa, il burro è formato da acidi grassi a corta catena, i quali in virtù della loro struttura semplice sono facilmente digeribili e vengono bruciati in fretta dall'organismo invece di depositarsi. Il burro, è anche ricco di vitamina A (che aiuta a proteggere la tiroide) e di calcio: uno studio condotto da Michael Zemel dell'Università del Tennessee [1] ha dimostrato che un regime alimentare ricco di calcio, come quello di coloro che consumano abitualmente prodotti lattiero caseari, promuove la lipolisi, un processo che scinde i grassi contenuti nelle cellule con conseguente diminuzione della massa grassa.
Uno dei temi che preoccupa di più i consumatori riguarda tuttavia le quantità di colesterolo contenute nel burro, sulle quali però c'è da fare un po' di chiarezza. 100 grammi di burro contengono 250 milligrammi di colesterolo, meno della dose giornaliera massima consigliata di colesterolo che può consumare un adulto, ma è anche vero che chi mangia un etto di burro al giorno? Consumando invece la quantità di 10 grammi di burro suggerita dai nutrizionisti, si può beneficiare in tutta tranquillità degli effetti positivi di questo alimento senza incorrere in rischi per la salute. L’atteggiamento ideale di un consumatore informato e intelligente è sempre quello di seguire una dieta varia e mediterranea cercando il più possibile di ascoltare i consigli degli specialisti, per non incorrere in errori dannosi per il proprio organismo.
Bisogna sempre tenere in considerazione che nella valutazione dietetica dei cibi ciò che conta è la somma finale della giornata alimentare e non le caratteristiche specifiche di un singolo elemento. Ciononostante, negli anni sono state proposte diverse tecniche per produrre burro con un ridotto contenuto di colesterolo, tra le quali le più diffuse prevedono l'impiego di ciclodestrine o la cristallizzazione frazionata [2].
Nel primo caso, le ciclodestrine (degli oligosaccaridi ciclici naturali) circondano le molecole di colesterolo, le separano dalla materia grassa e successivamente, mediante un processo di centrifugazione, vengono allontanate dalla matrice lipidica del burro. Tale tecnica permette di ridurre di circa il 65% il contenuto di colesterolo con un solo passaggio e di una percentuale maggiore con più trattamenti (sebbene con costi più elevati); il tutto senza alterare la frazione aromatica o trigliceridica del prodotto finale.
Nel secondo caso si fonde il burro anidro (ossia privo di acqua) e lo si sottopone ad un lento raffreddamento fino a una temperatura predefinita, alla quale uno specifico gruppo di trigliceridi si cristallizza. A quel punto, con degli speciali filtri si separa la frazione solidificata da quella rimasta liquida; quest'ultima viene raffreddata nuovamente, procedendo ad un'altra separazione della parte cristallizzata, e così via a seconda del numero di frazioni che si vuole ottenere. Tali frazioni, possono essere quindi combinate tra loro per ottenere un burro con un determinato punto di fusione o con un accentuato livello di spalmabilità a bassa temperatura, particolarmente apprezzato da coloro che lo consumano crudo.
[1] M.B. Zemel, J. Richards, S. Mathis, A. Milstead, L. Gebhardtand E. Silva. Dairy augmentation of total and central fat loss in obese subjects. International Journal of Obesity (2005) 29, 391–397.
[2] Libro bianco sul latte e i prodotti lattiero caseari.